Historic Lab (1971)

 

PRESENTAZIONE E STORIA

Il LEMS nasce all’interno del Conservatorio Rossini di Pesaro nel 1971. La prima persona incaricata ufficialmente di tenere il corso di Musica Elettronica fu Aldo Clementi che in quegli anni insegnava Composizione assieme ad altri importanti compositori tra i quali Domenico Guaccero, Mario Bertoncini, Boris Porena e Guido Baggiani. Erano tutti compositori che frequentavano con una certa assiduità  i corsi di Darmstadt. Quindi la spinta, la necessità  di aprire un corso di Musica Elettronica è venuta pensando a quella città  musicale, la città  della Neue Musik. All’epoca dell’istituzione del LEMS il direttore del conservatorio era Marcello Abbado e di tale iniziativa ne fu un entusiasta sostenitore. In effetti, subito dopo Clementi, l’incarico di docenza venne assegnato a Walter Branchi che porta l’esperienza della militanza all’interno di due realtà  importanti come il “Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza” e lo “Studio R7″. Dal 1982 la direzione del LEMS e i relativi corsi furono affidati a Eugenio Giordani.

La storia del LEMS continua attraverso alcuni estratti di una conversazione realizzata da Domenico Tampieri a cui partecipavano Walter Branchi, Guido Baggiani ed Eugenio Giordani pubblicata successivamente nei Quaderni Musicali Marchigiani ( Ed. Quattro Venti 2000-2001) con il nome “Circostanze e motivazioni nei primi laboratori elettronici”.

…TAMPIERI: “Agevolando la decisione degli organi direttivi e amministrativi del Conservatorio con quali riferimenti contestuali e teorici, lei progetta questo Laboratorio Elettronico?

Branchi: “Come ha già  detto Guido (Baggiani n.d.r.), menzionando Darmstadt, l’interesse per la Musica elettronica era in quegli anni molto alto. Da ciò l’idea di avviarne i corsi a Pesaro. […] L’idea di istituire il Laboratorio a Pesaro è sicuramente legata alle forti motivazioni musicali di quegli anni, indotte fra l’altreo dalla Scuola di Darmstadt. Il Laboratorio di rendeva necessario: necessario come luogo per realizzare la musica elettronica. In Italia non ve n’erano molti. C’era lo Studio di Fonologia della RAI a Milano, ma era di difficle accesso, perchè già in crisi: Berio e Maderna ne avevano lasciato la direzione. Vi era rimasto solo Marino Zuccheri, che come tecnico è un personaggio storico importante nella storia della musica elettronica italiana. […] Lo Studio pesarese fu fatto per gli studenti del conservatorio, ma non ignorerà  tutt’altro – la possibilità  di ospitare compositori già  affermati che volessero realizzare una loro composizione. Tutto questo è sancito chiaramente dal Regolamento del laboratorio stesso, che il direttore Macarini Carmignani (succeduto ad Abbado) subito prescrisse. […]

…Tampieri – Come fu l’accoglienza di un corsi di Musica Elettronica qui in conservatorio?

Branchi: Quando arrivai a Pesaro, nel 1971, notai subito che il corso di Musica Elettronica veniva accolto con molto entusiasmo […]

Tra i compositori che hanno utilizzato il Laboratorio e che hanno prodotto lavori possiamo citare Guido Baggiani, Walter Branchi, Rodolfo Bramucci, Luigi Ceccarelli, Carmine E. Cella, David De Gandarias, Armando Gentilucci, Eugenio Giordani, John Heineman, Fernando Mencherini, Michela Mollia, Paolo Marzocchi, Giorgio Nottoli.

[…] Un’altra esperienza, sempre a proposito di contributi originali, furono i dossier “TecnoMusica”, che facemmo nel 1977 e 1978. Non poternono circolare molto perchè venivano prodotti all’interno del Conservatorio tramite il ciclostile. Ne uscirono un paio di numeri, con varie proposte di riflessione teorica sulle problematiche elettroniche. Anche questa iniziativa, a suo modo editoriale, è da ritenersi senz’altro un contributo storico-teorico conseguito da questo Studio e frutto di una sua vivacità  sperimentale.

Il primo dossier di «TecnoMusica» (Pesaro), I, l, maggio, 1977, con sottotitolo «Creazione musicale e tecnologia», a cura di [W. Branchi] per il Laboratorio Sperimentale di Musica Elettronica, contiene: Gherardo MACARINI CARMIGNANI, Introduzione [pp. I-II]; Teresa RAMPAZZI, Un parametro alla deriva, un altro in avanzata (pp. 1-17), datato: apr. 1973; Vito ASTA, Progetto di un automa musicale (pp. 18-36); E. GIORDANI, Analisi funzionale e procedure di controllo nell’ambito dei sistemi analogici per la produzione di musica elettronica (pp. 37-58), datato: feb. 1977; Giorgio NOTTOLI, L’esigenza espressiva ed il mezzo (pp. 59-72), datato: Roma, 1976. Il secondo (e ultimo) dossier di «TecnoMusica», II, 2, maggio, 1978, con identico curatore, contiene: G. MACARINI CARMIGNANI, Introduzione (pp. III-IV); Eugenio GUARINO, Nuove prospettive nella sintesi del tempo reale di segnali acustici con tecniche digitali (pp. 1-22); Edgar VARESE, The liberation of sound (pp. 23-32); H.G. ALLEs-Peppino DI GIUGNO, Sintetizzatore digitale a 64 canali su una sola scheda (pp. 33-40); W. BRANCHI, L’utopia del secolo (pp. 41-44); E. GIORDANI, Elementi di misure elettroniche (Parte I) (pp. 45-77); infine il Notiziario (pp. 78-82). Una copia di «TecnoMusica» conservata presso il Laboratorio stesso. Il Direttore Macarini, fra altro, vi scrive del rapporto fra musica, studi scientifici e studi urrianistici, sostenendone la totale compatibilità , contro «coloro che si oppongono ad una seria riforma» dei Conservatori di Musica (p. III). I suddetti estratti da conferenze di Varèse probabilmente sono in prima traduzione italiana, a cura di M. Mollia. Il saggio di Di Giugno invece è la trattazione svolta recentemente, quale corso libero, presso il Laboratorio. Infine notiamo che la medesima fisionomia dei quaderni pesaresi «TecnoMusica») è riscontrabile, tale quale, nel futuro «Bollettino LIMB» (Venezia, La Biennale Musica, I, I, 1981). Le analogie, o identità , trovano evidente riscontro per i seguenti aspetti: struttura progettuale e redazionale, contenuti e finalità , voluminosità , periodicità, tecnica di stampa (ciclostilato il pesarese, fotocopia il veneziano) rilegatura artigianale a mano (per entrambe le iniziative: coperta cartonata e con stecca di plastica al dorso).

Branchi – Nei primi anni della Direzione di Gherardo Macarini Carmignani [1973-1981] fu organizzato, con vero tempismo, un interessante convegno internazionale, qui a Pesaro, in Conservatorio. Parteciparono compositori russi, francesi. C’era Franco Evangelisti. Furono tantissimi gli interessati all’iniziativa: interessati ad esplorare e ad informarsi su quanto stava sorgendo qua e là , in particolare sul Laboratorio che era stato istituito da poco, a Pesaro. Inoltre, nell’agosto del 1978, come Conservatorio di Pesaro, partecipammo al convegno ad Arhus, in Danimarca, assieme a quattro-cinque compositori italiani. L’iniziativa fu importante: era organizzata dall’UNESCO. Furono presenti Jean-Claude Risset [Francia], Barry Truax [Canada] e altri.

BAGGIANI – Per l’occasione pubblicarono anche un catalogo: “Computer music. Report on an international project, including the international workshop held at Arhus-Denmark 1978″.

 

IL PATRIMONIO TECNICO E DIDATTICO DEL LEMS

L’elemento più importante dello Studio è sicuramente la sua memoria storica che si concretizza sia nella conservazione delle apparecchiature analogiche fine anni ’60 e un archivio di nastri contenenti le composizioni (finite) degli studenti e dei compositori che utilizzarono il LEMS. Questo patrimonio è arricchito anche dal contributo personale di molti di coloro che a qualche titolo ne hanno fatto parte, dagli studenti ai docenti.

Branchi: A parte l’impegnativa fase dell’allestimento logistico dell’aula 25 che curai personalmente a partire dal 1972-73, devo dire che l’esperienza professionale in questo Laboratorio ha reso possibile la nascita di un mio volume, Tecnologia della musica elettronica (Ed. Lerici) , che è stato il primo in Italia sulla Musica elettronica. Lo scrissi a metà degli anni Settanta e si fonda proprio sull’esperienza mia in questo Studio di Pesaro. Direi addirittura che è la descrizione teorica dello Studio pesarese: vi è registrata la fase realizzativa e la fase teorica. Non a caso alcune foto documentali ritraggono anche l’interno dello Studio, a circa un quinquennio dalla sua apertura.

Giordani – Il Laboratorio conserva tuttora materiali didattici diversi. Non solo materiali sonori, ma anche materiali didattici visivi: grafici, disegni, analisi.

Tampieri – Insisto: dal punto di vista della ricerca puramente teorica, a chi di voi è capitata qualche esperienza del tutto singolare? Cioè, prescindendo dalle realizzazioni attinenti la creatività , gli studenti e gli stessi docenti hanno mai conseguito dei risultati, in questa aula-laboratorio, che poi si sono rivelati essere del tutto inediti e sconosciuti nel campo della teoresi, o della meccanica strumentale?

Giordani – A volte, è l’aspetto operativo e concreto, intrinseco alle esigenze musicali, a condeterminare nuove soluzioni di un problema. Ad esempio, uno dei problemi legati alla tecnologia elettronica degli anni Sessanta/Settanta era questo: se un compositore aveva un’idea, questa idea poteva essere ostacolata da una macchina talmente ‘rigida’ che, il più delle volte, era la macchina a piegare esteticamente il compositore. Ora, come superare questa impasse? A volte era la genialità  del creativo a dover scendere a patti con la macchina. Altre volte invece si sono trovate soluzioni innovative, in un certo senso. Ad esempio, in questo Laboratorio abbiamo alcuni oscillatori che, come si sa, hanno delle forme di onda prestabilite, cioè hanno un qualche cosa di dato, di pre-confezionato. Qualche volta, invece, si verificava l’esigenza di avere suoni derivanti da forme d’onda diverse. Per garantirsi questo, un ex studente, Giorgio Nottoli, attualmente [dal 1974-1975] docente di Musica elettronica al Conservatorio di Frosinone, confezionò nel 1978 un generatore di funzione variabile: questo, in basso nel primo rack. Lo strumento, lo si vede, è un manufatto artigianale, ma contribuì a superare la limitatezza tecnica delle apparecchiature in commercio, favorendo appunto una maggiore duttilità operativa. Praticamente questo strumento elettronico diventò un’ulteriore mezzo, sul quale furono sviluppate ulteriori idee. Non fu un’ invenzione con valenza teorica assoluta, ma lo fu certamente per le sue nuove applicazioni nell’area tecnologica, strumentale.

Branchi – Tu stesso, Eugenio, hai creato un filtro nuovo.

Giordani – In questo tipo di Laboratori, sempre si è cercato di dare un contributo personale, anche nel settore strettamente tecnologico, strumentale. Ma, in particolare, vorrei far rientrare in questa discussione sui contributi di attinenza teorica la produzione di programmi informatici per l’elaborazione del suono, specifici per questo tipo di Laboratorio. Sono stati effettivamente utilizzati dai nostri studenti che, via via, sono subentrati.40 Forse, tutte queste ricerche e realizzazioni, ora ricordate, potrebbero sembrare solo piccole testimonianze: tuttavia sono cose concrete, che hanno aiutato e aiutano, senza dubbio.

Tra gli elementi caratterizzanti dello Studio va sottolineata l’esistenza di un “Regolamento per l’utilizzazione del Laboratorio Sperimentale” (estensore G. Macarini Carmignani, 1974). L’importanza di questo documento è oggi quasi esclusivamente storica e rappresenta in modo chiaro le esigenze e le possibilità  di quel periodo. La Direzione del Conservatorio di Musica di Pesaro, stimò che a circa quattro anni dalla sua fondazione e, soprattutto, grazie alla competenza di W. Branchi, ivi docente e realizzatore assoluto del progetto, il Laboratorio Elettronico di Musica Sperimentale, avrebbe potuto essere aperto anche a quanti intendessero usare le apparecchiature per la composizione di lavori elettronici strettamente personali. Dunque, a partire dall’ottobre del 1974, nel panorama dei Conservatori di Stato si verificava per la prima volta una disponibilità  istituzionale rara. Sono sono gli anni in cui questo stesso settore compositivo stava per conseguire una nuova fase propria e un nuovo tipo di espansione. Sono anche gli anni in cui era in atto lo spegnimento della storica – ma problematica – disponibilità  dello Studio di Fonologia Musicale della RAI di Milano, al 5° piano di Corso Sempione. Quell’apertura pesarese dovette quindi sembrare ai promotori un’opportunità musicale di interesse addirittura nazionale.

Ora, il Regolamento tempestivamente messo a punto per supportare la nuova iniziativa, non ebbe efficacia come disciplinare in sè. Nè oggi vale per quest’ aspetto, pur evidente, di semplice strategia istituzionale, interna, scolastica, legale e amministrativa. Abbiamo potuto verificare che il Consiglio di Amministrazione, posto a capo dell’attività  didattica e produttiva del Laboratorio (cfr. gli art. 4, 5, 6, 7, 11), non ha mai deliberato sugli accessi dei richiedenti ‘esterni’ al Conservatorio, ne è mai stato chiamato a farlo, nonostante che il Regolamento gliene facesse obbligo. Nè, d’altro lato, s’ingenerarono situazioni problematiche in ordine alle scelte che via via si andavano compiendo, sia dopo l’istituzione ministeriale di questo corso sperimentale (1971), sia dopo la sua apertura agli utenti esterni (1974), apertura teoricamente tutt’altro che informale. Il Direttore Macarini, invece, controllava e risolveva di persona gli accessi al Laboratorio secondo le opportunità didattiche o amministrative del momento, senza rinviare al Consiglio di Amministrazione quesiti di ovvia soluzione.

La validità  del Regolamento e il suo interesse documentale, soprattutto oggi, quasi un quarantennio dopo, non consiste dunque nella sua intenzione prevalentemente disciplinare, mai esercitata appunto, ma nel suo taglio dinamico, costitutivo, propositivo, fondativo. Un taglio che, non provenendo direttamente da un Ministero di Roma, quantunque informato e consenziente, ha e volle avere anche una funzione energicamente innovativa. In altri settori didattici tale potenzialità di svecchiamento strutturale e culturale era del tutto inesistente: ad esempio, nelle coeve nuove cattedre che si stavano aprendo nel Conservatorio di Pesaro e, analogamente, in più Conservatori italiani.

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